Le parole del CoMiGi 22

Dal 22 al 25 aprile 2022 alcuni giovani di Via Pacis hanno partecipato al CoMiGi (Convegno Missionario Giovanile) organizzato a Roma da Missio Italia. Il Convegno è cominciato con un’udienza privata di Papa Francesco ed è continuato con quattro intensi giorni di formazione in cui sono stati toccati tanti temi importanti per rispondere alle sfide del mondo di oggi.

MISSIONE
Abbiamo l’idea più o meno inconscia che chi sceglie di partire per una missione sia un “super-uomo”, qualcuno con delle doti speciali, con doni straordinari e un coraggio fuori dal comune. Abbiamo un’idea di missionario come di qualcuno (solitamente una sola persona) che parte soltanto per aiutare chi ha bisogno. È davvero così? Abbiamo scoperto che la missione è per tutti, per singole persone, per famiglie, per coppie, per gruppi. Abbiamo scoperto che la missione non è soltanto dare e non è fatta soltanto per gli altri. Partire per una missione è andare incontro all’altro, è accogliere le fragilità dell’altro e scoprire le proprie. Andare in missione vuol dire imparare l’umiltà: accogliere a cuore aperto una cultura diversa, persone diverse ed usanze diverse. Per la missione è fondamentale osservare e ascoltare, prestare attenzione all’altro per capire chi è e di che cosa ha bisogno. Il primo passo per la missione è sapersi mettere in ascolto.
Cosa serve per la missione? Soltanto noi stessi e il cuore aperto. Come nella parabola del buon Samaritano, siamo chiamati a raccogliere chi incontriamo nel nostro viaggio. Missione è non restare indifferenti al grido del prossimo. Missione è essere disposti a stravolgere i nostri piani. Missione è metterci in gioco come siamo e ovunque siamo. La missione è dappertutto, ovunque ci sia qualcuno che soffre.

APERTURA
Dio è vivo e così è la sua Chiesa. In quattro giorni abbiamo affrontato tanti temi critici: abbiamo parlato della crisi ambientale, delle disuguaglianze sociali, di sessualità e relazioni, di persone LGBT+, di malattie e sofferenze, di globalizzazione e crisi economico-sociale. Nella complessità del mondo abbiamo incontrato una Chiesa viva e in movimento, una Chiesa disposta all’ascolto e all’accoglienza. Non ci sono stati temi tabù, non ci sono stati muri, non ci sono stati pregiudizi, soltanto la voglia di aiutare il prossimo e incontrarlo nel suo dolore. Abbiamo fatto esperienza di una Chiesa coraggiosa, una Chiesa che si mette in discussione e cammina. Abbiamo incontrato una Chiesa a cui si può parlare senza mai sentirsi giudicati o condannati. Una Chiesa con le braccia spalancate davanti alle sofferenze più varie. Una Chiesa che parla al 2022 e alle sue sfide. Abbiamo scoperto una Chiesa capace di parlare all’economia chiedendo al capitalismo di considerare tra i parametri economici anche lo sviluppo integrale che rimette al centro l’umanità e la sostenibilità accanto al profitto.

DIALOGO
Abbiamo riscoperto la potenza del dialogo. Un dialogo personale che permette all’altro di esistere al di fuori dei nostri giudizi e aspettative. Un dialogo paziente che rispetta i turni di parola, che accoglie le diversità senza giudizio. Un dialogo che permette all’altro di metterci in discussione, di essere specchio buono e limpido in cui vedere le nostre fragilità senza doverle rifiutare. Un dialogo interreligioso (nello specifico tra cristiani, mussulmani ed ebrei) che fa della diversità una ricchezza e della Chiesa un organismo ecumenico e disponibile al dialogo perché «Chi non è contro di noi è per noi» e fare il bene non è brevetto, ma un gioco di squadra. Abbiamo parlato di un dialogo multilaterale in cui il più forte lascia spazio al più debole, in cui tutti devono avere una voce perché solo insieme si costruisce un futuro. Abbiamo parlato di un dialogo che diventa missione nella misura in cui è in grado di trasformare il mondo, di essere benedizione e parola di pace che porta pace.

FRAGILITÀ- CRISI
Siamo in un periodo storico di incertezza. Un periodo storico di crisi in cui ci è impossibile ignorare la fragilità endemica dell’essere umano. Scoprirci fragili e vulnerabili ci terrorizza e spesso porta a chiusure e muri. Ci siamo chiesti se vale davvero la pena essere diffidenti, arrabbiati e rancorosi. Vale la pena avere sempre un’arma in mano? Vale la pena portarsi dentro tanta rabbia pronta ad esplodere? Vale la pena vedere nell’altro un nemico? La paura dell’incertezza e della vulnerabilità ci porta a costruire una corazza, ci indurisce il cuore e ci trasforma in persone che respingono l’altro, il diverso e il cambiamento. Siamo in un’epoca di incertezze, in un’epoca di crisi, ma solo nella crisi è possibile il cambiamento. Come esseri umani siamo portati a sfuggire il cambiamento, ad averne paura. Perdere l’equilibrio ci terrorizza, ma è l’unico modo per fare un passo in avanti. Siamo chiamati a rispondere a questa richiesta di cammino. Siamo chiamati ad essere quelli che dalla crisi portano il cambiamento, che perdono l’equilibro per poter andare avanti. Siamo chiamati ad avere fede in un Dio che non è un tappabuchi, non riempie i nostri vuoti, ma ci spinge fuori da noi stessi verso una terra promessa. Siamo chiamati ad essere protagonisti della crisi con un cuore aperto in grado di trasformare l’incertezza e la fragilità in occasioni di rinascita. Come accade con le uova: se la pressione è esterna la frattura porta morte, ma se la spinta è interna dalla frattura nasce la vita. Dobbiamo rispondere alla frattura spingendo per una vita nuova.

INFORMAZIONE
Come possiamo fare per rispondere attivamente alle sfide del mondo? Non restiamo indifferenti. Informiamoci, mettiamoci in discussione, ascoltiamo e andiamo in profondità. Il primo passo per cambiare il mondo è sapere cosa succede. Il primo passo per cambiare il mondo è informarsi. Soltanto se conosciamo quali sono le sofferenze e le fragilità del mondo possiamo fare scelte consapevoli e responsabili per portare vita, pace e amore.

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 67, articolo di Daphne Squarzoni
Scrittrice e pubblicista

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