Unità, fragile e necessaria

«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20): quale responsabilità ci affida il Signore! È il nostro legarci insieme, il nostro dare la vita gli uni per gli altri, che permette a Gesù di rendersi presente.

Ma rimanere uniti, legati, è anche estremamente fragile, lo sperimentiamo in continuazione: spesso basta un niente – una parola detta male o non detta, uno sguardo sbagliato, il tono con cui diciamo qualcosa – a far riemergere subito con forza il nostro io, il nostro orgoglio, il bisogno di risarcimento, di farla pagare, e quell’illusione che vedere riconosciuta la nostra ragione ci farà stare meglio.

L’unità è fragile perché ci rende vulnerabili: quando amiamo ci esponiamo al rischio di essere feriti, traditi, abbandonati.

Quali sono, allora, i legami che ci permettono di tenere insieme le nostre diversità, che ci fanno superare le paure, e che ci spingono a rischiare, a scommettere tutto sull’unità?

Perdono e riconciliazione.

Senza perdono e riconciliazione non ci può essere unità.

Senza perdono e riconciliazione l’unità si corrompe: diventa adeguamento, allineamento passivo, conformismo.

Senza perdono e riconciliazione tutto diventa finto.

Sono il perdono e la riconciliazione a rimettere al centro Dio, la Verità, ad abbattere l’idolo del nostro orgoglio, e a spalancarci mondi nuovi. Ed è così che posso scoprire che proprio quel fratello che mi ha ferito, proprio quel fratello con cui ho un conto in sospeso, quello che faccio fatica a guardare negli occhi, è la via che mi porta a Gesù. E se lo escludo dalla mia vita, escludo anche Gesù.

La riconciliazione è il dono più grande che ci ha fatto Gesù: è ciò che ci permette di entrare in piena comunione con Dio, di essere un tutt’uno con Lui. Non c’è più separazione: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8,35).

Ma la riconciliazione è anche il dono più folle, perché, se decido – come dice la Parola – di andare a riconciliarmi con qualcuno che «…ha qualcosa contro di me» (Mt 5,24), correrò il rischio che l’altro possa continuare ad avere qualcosa contro di me o, addirittura, rincari la dose.

Ma significa anche che è possibile riconciliarsi anche con chi non vuole riconciliarsi, perché non siamo noi a riconciliare, ma Gesù stesso: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta» (2Cor 5,20).

È questo il tesoro che abbiamo fra le mani: il Signore ci stima a tal punto da affidarci il ministero della riconciliazione (cfr 2Cor 5,18), rendendoci pienamente partecipi di una Sua prerogativa.

 

Ruggero Zanon Presidente dell’Associazione Via Pacis

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