Sguardo violento

Durante la nostra vita ci capita sempre di fare i conti con lo sguardo degli altri. Siamo osservati ancora prima di nascere, sbirciati dai nostri genitori attraverso le ecografie. E poi nasciamo e da qualche anno, con i social così alla moda, siamo bombardati di immagini e di scatti, costantemente proiettati davanti agli occhi delle persone.

In tutto questo sfavillare di flash mi accorgo che spesso lo sguardo delle persone mi mette in difficoltà. Mi accorgo che nella vita ci sono dei momenti in cui non mi sento guardata nel modo giusto.

Lo sguardo è una mano tesa, è un ponte verso gli altri, è una strada comunicativa potentissima. Come può uno sguardo essere violento?

La violenza è, etimologicamente, un eccesso di vis, che in latino vuol dire principalmente forza, ma anche prepotenza, attacco e azione distruttiva. Come può uno sguardo essere mezzo di costrizione e oppressione per obbligare gli altri ad agire secondo una volontà che non gli è propria?

Penso che lo sguardo trasmetta il nostro pensiero. Uno sguardo violento è, ad esempio, quello di chi mi sta giudicando. Uno sguardo violento è quello che mi ricopre di aspettative e mi fa sentire in colpa per essere chi sono e non come mi vorrebbero.

Lo sguardo violento è quello del bullo che prende una persona e la rinchiude nella solitudine e nell’emarginazione. Uno sguardo violento è quello di un uomo che guarda una donna solo come un oggetto a sua disposizione.

Lo sguardo violento è quello di chi non sta cercando di comunicare, ma di ottenere qualcosa. Lo sguardo violento dice «Io sono meglio di te», «Io voglio possederti», «Io voglio che tu soddisfi i miei desideri e le mie aspettative», «Io voglio questo e non importa quello che tu sei, pensi o vuoi».

Spesso ribellarsi a questo sguardo è faticoso. Nessuno dovrebbe permettersi di guardarci in questo modo e quando succede abbiamo paura. Quindi spesso facciamo fatica ad uscire da questo sguardo. L’esempio più immediato che mi viene in mente è quello di un uomo che vuole una donna solo per il suo corpo. È meno faticoso spogliarsi che dimostrare di avere una personalità. Soprattutto perché spesso questo tipo di sguardo tocca i nostri punti deboli e le nostre insicurezze.

Quante volte lo sguardo degli altri non ci corrisponde e non riusciamo a ribellarci? Quante volte ci lasciamo imprigionare da uno sguardo che ci fa male?

Lo sguardo può essere violento. Per questo dobbiamo educarlo, dobbiamo imparare a guardare gli altri nel rispetto pieno della loro libertà e della loro dignità di figli. Non perfetti, ma nemmeno al nostro servizio. Dobbiamo educare il nostro sguardo perché veda la persona che abbiamo davanti, perché sia aperta a scoprire chi è l’altro e ad accettarlo senza giudizio e senza imporre la nostra volontà. Dobbiamo educare il nostro sguardo perché, come dice Gesù:

«La lampada del corpo è l’occhio. Se dunque il tuo occhio è limpido, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma, se il tuo occhio è malvagio, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre»

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 66, articolo di Daphne Squarzoni
Studentessa in Studi storici e filologico-letterari
Rubrica Check Point

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