L’urgenza di raggiungere le nuove generazioni con messaggi positivi impone di occuparsi del problema della comunicabilità dei valori con linguaggi nuovi ed efficaci. Uno di questi linguaggi è senz’altro la danza.
Ma parlare di danza in campo cattolico è spesso problematico. Ci si scontra spesso con attese, preoccupazioni e timori la cui portata va molto al di là del tema specifico. Il risultato è una certa resistenza culturale a questo mezzo espressivo. Per trarci d’impiccio si potrebbe cercare nella Sacra Scrittura qualche lume dirimente al riguardo, ma il rischio è di uscirne ancora più disorientati: c’è infatti la bella danza di lode di Miriam e delle donne d’Israele dopo il passaggio del Mar Rosso, ma anche la malvagia e subdola danza di Erodiade che acceca la mente di Erode e provoca la feroce uccisione di Giovanni il Battista.
Allora, la domanda cruciale è: il ballo è buono o cattivo? Eleva il cuore o fa venire ‘brutti pensieri’? Certamente, la danza stimola quasi tutti i sensi: la vista, l’udito; tocca corde sensibili, emotive ed estetiche, giocando sul movimento del corpo, sulla musica e sul ritmo. Non può quindi essere valutato con criteri di staticità e distacco. Il ballo, volenti o nolenti, in un modo o nell’altro, ci coinvolge. ln senso ‘tecnico’ lo potremmo definire ‘sensuale’. Ma questo termine si colora subito di sfumature negative. Il punto cruciale? È che abbiamo a che fare con la bellezza e con il corpo. Femminile, più spesso. E con la bellezza e col corpo potremmo avere ancora un conto in sospeso. Non possiamo però risolverlo, credo, rifiutando per principio modalità e movimenti che attualmente i giovani vivono, perché ritenuti troppo allusivi o disinvolti.
La danza ha un indiscusso valore educativo: fa uscire da sé stessi, aiuta a vincere timidezze, ad accettare il proprio corpo, abitua a lavorare assieme, cercando il bello e l’armonia, permette di comunicarsi e di comunicare. Una ragazza impegnata nell’Équipe Musicale Via Pacis nella Music Worship School così riflette: «Il mio corpo — ma anche la mia mente e tutto ciò che mi caratterizza e mi rende sostanzialmente me stessa — viene reso visibile attraverso il movimento e l’espressione del viso. È come se fosse un vero e proprio linguaggio verbale, anzi, molto di più perché, quando balla il corpo, balla anche l’anima e insieme si intrecciano formando un’armonia perfetta».
Ma la danza può parlare anche di Dio? Chiariamo prima un equivoco: la danza per parlare di Dio, per comunicare la gioia di averlo incontrato, e di sentirsi amati come figli e figlie, non deve essere per forza ‘liturgica’ e da fare in chiesa. È invece uno strumento per parlare di Dio al mondo, fuori dalle chiese, proprio a chi, forse, in chiesa non metterebbe piede. Non è un risultato automatico e ci vogliono il cuore è l’atteggiamento giusti, che vanno formati.
È quanto cerca di fare l’Associazione Via Pacis, con la Music Worship School, che offre una formazione ai valori della pace-riconciliazione, della fraternità e della solidarietà attraverso percorsi didattici di musica e danza moderna. La musica e il canto hanno una particolare forza nell’elevare gli animi, nel toccare i cuori, nel risvegliare ideali e nel conciliare situazioni complesse, trasformando l’emozione in un’azione che coinvolge l’uomo nella sua interezza. Allo stesso modo, la danza rappresenta uno strumento valido ed appassionante per la formazione integrale delle nuove generazioni, perché vissuto in una dimensione comunitaria, lontano dall’individualismo esibizionista.
La danza ha la capacità di trasmettere armonia e unità nel rispetto del proprio corpo, favorisce la collaborazione reciproca ed il senso di responsabilità, accresce l’autostima attraverso la scoperta delle proprie doti e capacità. La danza così intesa può rappresentare un contributo alla costruzione di rapporti di pace con gli altri, con il mondo e con Dio.
di Tiziano Civettini