Di quale Dio stiamo parlando?

«Che cos’è un “dio” sul piano esistenziale? È ciò che sta al centro della propria vita e da cui dipende quello che si fa e si pensa», ci ricorda Papa Francesco. Parlando con tante persone, si possono enucleare le più varie immagini di Dio, che poco hanno a che fare con il Dio di Gesù Cristo: assomigliano molto agli idoli.

Possiamo incontrare un dio onnipotente, che però dovrebbe imparare da me come si governa il mondo, premiando i buoni e punendo i cattivi (gli altri); o, al contrario, un dio pacioccone, tipo Babbo Natale, che non mi smuove dalla mia comfort zone, che non mi mette mai in discussione. Frequente è l’immagine del dio burattinaio, il “destino”, al quale posso attribuire le mie scelte sbagliate… Quello che “mi sono innamorata di quell’uomo così carino e disponibile, che mi capisce molto più di mio marito… cosa posso farci? È dio che me l’ha fatto incontrare…”. Non manca ildio che devo continuamente propiziarmi, e allora moltiplico le esperienze, i pellegrinaggi, le madonne, i “segni”, per tenermi sempre in un’euforica disposizione “spirituale” e sentirmi “buona”. Può anche farsi avanti il dio severo, moralista, che ritengo alleato nei miei giudizi spietati contro chi non è dalla mia parte. Perfino la croce di Cristo può diventare un idolo, quando la uso come una clava per dividere il mondo in veri cristiani (io e pochi altri) e non.

Tutte queste immagini, che poco o tanto ciascuno di noi ha dentro, hanno lo scopo di eliminare l’ambivalenza e la complessità: sono immagini rigide, semplici, a due dimensioni. Ci danno l’illusione di avere tutto sotto controllo, di poter dare una spiegazione semplice al mistero della vita. Sono idoli.

Difatti, quando Dio si manifesta nella Sua imprevedibilità, quando non si lascia ricondurre allo schema che ci tranquillizza, ci scandalizziamo e lo rifiutiamo. Quando qualcuno mi racconta le sue crisi nel rapporto con Dio, spesso devo chiedere: di che dio stiamo parlando? 

Anche la psicologia ci dice che le immagini di Dio che si sono formate in noi nel corso della vita, frutto delle nostre esperienze, dell’ambiente, dell’educazione ricevuta, sono spesso il tentativo di eliminare la debolezza, la precarietà e fragilità che tutti noi viviamo, e per questo è così difficile abbandonarle per cercare il vero volto di Dio. Quanti di noi possono raccontare di aver incontrato il Dio vivente arrivando non dall’ateismo, ma da un dio “idolo”, che, come dice il salmo 115, ha bocca ma non parla, ha orecchi ma non ode, ha occhi ma non guarda, ha mani ma non tocca, ha piedi e non cammina?

Qual è dunque il Dio vero? Gesù lo dice in modo chiaro ed emozionante a Maria Maddalena, il mattino di Pasqua: «va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17). Il vero Dio, il nostro Dio, è il Padre di Gesù, è il Dio di Gesù. Allora potrò conoscerlo solo facendomi discepola del Figlio, perché «nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27).

 

M. L. Toller
Rubrica La parola che germoglia e fruttifica,
dal Blog Storie, incontri, parole sulla Via della Pace

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