Papa Leone il 4 ottobre 2025, festa di San Francesco, ha firmato la sua prima Esortazione Apostolica: DILEXI TE: TI HO AMATO, completando l’opera iniziata da Papa Francesco.
Nell’esortazione vengono analizzati i diversi “volti” della povertà: di chi non ha mezzi materiali, chi è emarginato socialmente, chi non può dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità, chi sperimenta la povertà morale, spirituale, culturale. «La condizione dei poveri rappresenta un grido che, nella storia dell’umanità, interpella costantemente la nostra vita, le nostre società, i sistemi politici ed economici e, non da ultimo, anche la Chiesa» (9).
Il Papa invoca una urgente trasformazione di mentalità: «la dignità di ogni persona umana deve essere rispettata adesso, non domani» (92).
Nell’Esortazione si ricorda la bimillenaria storia di attenzione della Chiesa verso i poveri e con i poveri, per dimostrare che questa storia è parte essenziale dell’ininterrotto cammino della Chiesa: «La cura dei poveri fa parte della grande Tradizione della Chiesa, come un faro di luce che, dal Vangelo in poi, ha illuminato i cuori e i passi dei cristiani di ogni tempo. […] L’amore per i poveri è un elemento essenziale della storia di Dio con noi e, dal cuore stesso della Chiesa, prorompe come un continuo appello ai cuori dei credenti, sia delle comunità che dei singoli fedeli. […] Per questo l’amore a coloro che sono poveri – in qualunque forma si manifesti tale povertà – è la garanzia evangelica di una Chiesa fedele al cuore di Dio» (103).
E sottolinea come la cultura dominante dell’inizio di questo millennio spinge ad abbandonare i poveri al loro destino, a non considerarli degni di attenzione e tanto meno di apprezzamento. Nell’Enciclica Fratelli Tutti, già Papa Francesco scriveva: «Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente» (105).
Per noi cristiani, la questione dei poveri riconduce all’essenziale della nostra fede. La realtà è che i poveri per i cristiani non sono una categoria sociologica, ma la stessa carne di Cristo. Infatti, non è sufficiente limitarsi a enunciare in modo generale la dottrina dell’incarnazione di Dio; per entrare davvero in questo mistero, invece, bisogna specificare che il Signore si fa carne che ha fame, che ha sete, che è malata, carcerata. (110)
Il cuore della Chiesa, per sua stessa natura, è solidale con coloro che sono poveri, esclusi ed emarginati, con quanti sono considerati uno “scarto” della società. I poveri sono nel centro stesso della Chiesa, perché è dalla «fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, [che] deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati delle società». (111)
Papa Leone esorta a fare attenzione a limitarsi a “parlare” di poveri e poi non fare niente di concreto. Infatti scrive, a proposito dell’elemosina: «L’amore e le convinzioni più profonde vanno alimentate, e lo si fa con gesti. Rimanere nel mondo delle idee e delle discussioni, senza gesti personali, frequenti e sentiti, sarà la rovina dei nostri sogni più preziosi. Per questa semplice ragione come cristiani non rinunciamo all’elemosina. Un gesto che si può fare in diverse maniere, e che possiamo tentare di fare nel modo più efficace, ma dobbiamo farlo. E sempre sarà meglio fare qualcosa che non fare niente. In ogni caso ci toccherà il cuore. Non sarà la soluzione alla povertà nel mondo, che va cercata con intelligenza, tenacia, impegno sociale. Ma noi abbiamo bisogno di esercitarci nell’elemosina per toccare la carne sofferente dei poveri» (119).
Conclude ricordando che «l’amore cristiano supera ogni barriera, avvicina i lontani, accomuna gli estranei, rende familiari i nemici, valica abissi umanamente insuperabili, entra nelle pieghe più nascoste della società. Per natura l’amore cristiano è profetico, compie miracoli, non ha limiti: è per l’impossibile» (120).
Oggi, il mondo ha bisogno di una Chiesa, scrive il Pontefice, «che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare».
Fausta Matteotti
