Tempo di costruttori

Nel discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affermato che “non viviamo una parentesi della storia: questo è tempo di costruttori”. Ma cos’è che siamo chiamati a costruire?

In questo periodo ho avuto modo di leggere un bellissimo libriccino che della metafora del cantiere ha fatto il centro della sua narrazione: “Costruire da cristiani la città dell’uomo”, di Giuseppe Lazzati. Il testo rappresenta un po’ il compendio del pensiero di Lazzati riguardo all’impegno dei cattolici in politica e, in generale, nel mondo: una vera miniera di formazione.

Ma cos’è la politica? Per tutta una serie di motivazioni si è – generalmente – propensi a pensare la politica come “cosa sporca”. Ma la parola politica, dal greco pòlis, città, indica la passione per l’uomo e il suo ambiente. L’uomo come apice della creazione; l’uomo come centro necessario dell’azione politica, come – dice Lazzati – “colui dal quale la città prende vita e verso il quale la città è volta come a proprio fine”; l’uomo come persona, come soggetto in relazione, che, anzi, proprio e solo attraverso la “relazione con”, si fa pienamente uomo. Allora si comprende perché il nostro autore, definisca la politica “costruire la città dell’uomo a misura d’uomo”, e si comprende perché il santo papa Paolo VI definì la politica come “la più alta forma di carità”.

In questo contesto, l’azione centrale è rappresentata dal verbo costruire: esso “esprime un’azione che è, per lo più, frutto di molti e diversi apporti; un lavorare insieme che esige coscienza di quello che si fa e impegno a farlo nel modo migliore”. La città, il mondo, diventano così un grande cantiere, i cui costruttori sono i cittadini, “un indefinito numero di persone e di unità operative intente alle più diverse mansioni, da quelle di carattere direttivo a quelle più umili, peraltro non meno indispensabili ai fini della costruzione”. Il tutto in vista del bene comune.

È compito anche dei cristiani? Sì, assolutamente, ci risponde Lazzati.

In primo luogo, il nostro autore individua nella storia della creazione e redenzione dell’uomo il fondamento di questa missione: l’uomo, “coltivatore e custode di questa infinita ricchezza di beni” è chiamato, con “l’impegno di tutte le sue facoltà, l’esercizio di tutte le tecniche, di tutte le scienze, di tutte le arti”, prima fra tutte la politica, a “restaurare”, ordinare, guidare, il mondo in cui vive. “L’uomo, rifatto in Cristo creatura nuova, è dunque chiamato a rifare nuovo nel Cristo il mondo in cui vive”. Continua Lazzati: “per loro vocazione, è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio (Lumen Gentium, 31)”. Qualche anno più tardi, sarà papa Paolo VI a definire il mondo come “il luogo teologico della santificazione dei laici”, dovendosi intendere il mondo come “tutto il disegno di Dio”.

Il fedele laico è quindi chiamato a “costruire da cristiano” ogni sfera del proprio vivere, in quanto coniuge, lavoratore, genitore, figlio e, infine, ma non meno importante, come cittadino, membro di una società politica; i fedeli laici sono quindi chiamati a

fare piena la missione salvifica della Chiesa, essendo chiamati ad operare in quanto presenti là dove, nel tempo contemporaneo, solo attraverso loro è presente la Chiesa”.

In conclusione, cosa siamo chiamati a costruire? C’è solo l’imbarazzo della scelta… come ci dice papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli tutti”, siamo chiamati a riconoscere “che l’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore” (FT, 181). Questa è vera “carità politica, carità sociale” (cfr. FT, 182). Come ancora ci ricorda il Concilio: “ciò che l’anima è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani” (Lumen Gentium, 38, citando la lettera a Diogneto).

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 62, articolo di Federico Vivaldelli
Studente di giurisprudenza
Rubrica Approfondimenti

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