Rischiare l’amore: parliamo di matrimonio

In questo tempo, molti si sentono sollecitati e disorientati da fatti e idee presenti a vario titolo nella vita sociale concreta e si chiedono come possano essere letti alla luce del Vangelo.

Abbiamo quindi proposto una chiave di lettura per rispondere a una delle più frequenti domande: “Che ne è del matrimonio cristiano?”

La chiave è questa: proviamo a considerarlo dal punto di vista della parabola evangelica: la perla talmente preziosa da giustificare il vendere tutto per acquistarla e la pienezza di gioia nel possederla.

Solo partendo da questo possiamo parlare serenamente del sacramento del matrimonio e di tutto ciò che può offuscare la sua bellezza. Lo facciamo ascoltando le domande dei giovani.

«La Chiesa, in ogni epoca, è chiamata ad annunciare nuovamente, soprattutto ai giovani, la bellezza e l’abbondanza di grazia che sono racchiuse nel sacramento del matrimonio e nella vita familiare che da esso scaturisce». (Papa Francesco, Introduzione agli Itinerari Catecumenali per la vita matrimoniale, Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita)

PER SEMPRE

Una delle cose che più mi spaventa pensando al matrimonio, è la definitività. È un po’ strano… da un lato, riuscire ad avere qualcosa (un legame di coppia) che dura per sempre e diventa la base della propria vita da un certo momento in poi, dovrebbe essere una delle cose più belle e rassicuranti del mondo. D’altro canto, una cosa del genere è estremamente non comune nella nostra quotidianità, dove tutto è pensato per essere temporaneo, cedevole, sostituibile. Inoltre, più di una volta parlando con dei miei coetanei, è emerso come ci si approcci ad una vita di coppia (soprattutto pensando ad una convivenza, ma anche in caso di matrimonio) con l’idea di una cosa “a termine”, quindi fin dall’inizio destinata prima o poi a finire. Anche vivere in un clima del genere non aiuta a rendere il matrimonio una cosa più attraente. Perché il matrimonio è “per sempre”? come è possibile il “per sempre”? 

Nel passato il “per sempre” veniva talvolta garantito dalla pressione sociale, dal bisogno economico, dal ruolo… magari con tradimenti e menzogne. Non è questo che può custodire l’amore! Attualmente, “per sempre” e “fedeltà” significa accogliere e accompagnare i cambiamenti, con creatività, cura quotidiana, capacità di sperare e rialzarsi. L’amore coniugale esige la dimensione del tempo, per costruirsi, configurarsi nella sua unicità, plasmarsi nella libertà di una scelta che diventa sempre più profonda. È nel tempo che ci si confronta col cambiamento, con l’inatteso e l’imprevisto. Sposarsi non è semplicemente entrare in un’istituzione, non è solo una promessa: è assumere la responsabilità per l’altro e per il futuro. Quindi il “per sempre” non è un dovere, ma una scelta che l’amore stesso esige. Niente lo garantisce: ma i due hanno a disposizione tutti gli strumenti per assumerlo come possibile e desiderato. La comunione di vita nasce e cresce nella comunicazione, nel dialogo: condivisione di idee, scambio, apertura all’altro del sé più intimo, ascolto profondo, accoglienza della diversità e ricerca creativa di soluzioni condivise, capacità di reggere le tensioni e disponibilità al perdono, fatica e gioia… E apertura al dialogo, insieme, con Colui che è l’Amore fedele.

LA CRISI

Cosa potete dirci riguardo alle crisi nel matrimonio? La mentalità di oggi ci chiama subito a tagliare la relazione e scappare… Ma questa è sempre la soluzione migliore?

Chi ha studiato a fondo la dinamica della relazione di coppia nel matrimonio, ha individuato tre fasi, che si alternano fin dal principio, anzi, sono più evidenti nei primi anni della storia della coppia: idealizzazione, delusione, ristrutturazione. Quindi la “crisi” è fisiologica, è quel passaggio dal sogno alla realtà che ci spinge ad approfondire le motivazioni della nostra scelta di vita comune. La crisi segnala che il rapporto ha bisogno di qualche ristrutturazione per adeguarsi al tempo che passa, ha bisogno di nuovi equilibri per rimanere stabile e vitale. Quando la crisi è importante e mette a rischio la tenuta della coppia, nella maggior parte dei casi ciò è dovuto all’aver trascurato le piccole criticità della vita quotidiana. A volte, per paura del conflitto, o per timore di chiamare per nome le proprie debolezze, o per superficialità, le difficoltà normali di qualunque relazione vengono ignorate, minimizzate, non affrontate. Questo porta ad una insoddisfazione latente che allontana i due, finché la crisi scoppia.

CASTITA’

Perché la Chiesa chiede la castità prima del matrimonio?  il rapporto prematrimoniale non può aiutare a conoscersi meglio? non può essere espressione dell’amore magari in un momento in cui non ci sono le condizioni per sposarsi?

Prima di tutto, cosa intendiamo per “castità”? Nel linguaggio comune, questa parola evoca subito l’annullamento della sessualità, non avere rapporti sessuali, evitare il piacere sessuale, una vita di rinunce che nascono dalla svalutazione del corpo o dalla paura del sesso.

No, castità è energia spirituale che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dall’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione, virtù che promuove in pienezza la sessualità della persona e la difende da ogni impoverimento e falsificazione, o da tutto ciò che la rende meno umana. Sappiamo bene come la sessualità sia prima di tutto una pulsione potente che può sganciarsi dall’affettività e dal dono di sé per diventare sopraffazione, controllo dell’altro, consumo, strumentalizzazione, addirittura violenza. La castità è la sessualità messa al servizio dell’amore. Amare in modo casto è, prima di tutto, amare senza voler possedere e dominare l’altro.

Castità è per tutti, in ogni stato di vita: è integrare la sessualità nel proprio stato di vita. Nel matrimonio, la castità si manifesta nel «dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna» (CCC 2337). Nel fidanzamento, la castità custodisce la verità di quello che è un tempo di conoscenza e discernimento, non ancora di scelta totale. Anzi, la totalità del rapporto sessuale potrebbe costituire un ostacolo alla conoscenza profonda e a una scelta libera. È un tempo nel quale confrontarsi ed eventualmente lavorare su aspetti di blocco, di difficoltà di rapporto con la corporeità, sanare ferite di esperienze passate attraverso il rispetto reciproco, la confidenza e l’ascolto. Difficile? Sì. Faticoso? Anche. Ne vale la pena? Noi crediamo di sì!

CONVIVENZA O MATRIMONIO?

Qual è la vera differenza tra una convivenza e il matrimonio?  

Penso che a volte convivere sia propedeutico al matrimonio. Ad esempio, per una persona i cui genitori sono divorziati e quindi non crede particolarmente al matrimonio, ha l’idea che il matrimonio sia solo una formalità, la convivenza potrebbe aiutare? E quali sono le “spie” che suggeriscono che una convivenza non porterà probabilmente al matrimonio?

Certamente qui non parliamo della convivenza scelta come alternativa al matrimonio per evitare un impegno definitivo. Parliamo di convivenza scelta con motivazioni di principio, mossa da esperienze problematiche vissute nella propria famiglia o viste da vicino. L’esperienza di matrimoni trascinati stancamente, vuoti di sostanza, o falliti, di cui tanti giovani portano il segno, toglie la fiducia nel matrimonio come istituzione. Proprio per salvaguardare l’autenticità di un sentimento che viene vissuto come importante, la convivenza senza formalità sembra essere la soluzione più sincera e rispettosa: se l’amore è vero durerà senza bisogno di vincoli, di leggi, di formalità.

Qui siamo noi, adulti, che dobbiamo interrogarci. Quanto abbiamo mostrato, nella concretezza delle nostre storie matrimoniali, la cura del rapporto, la maturità affettiva, la capacità di ripartire dalle crisi? Quanto abbiamo testimoniato la fedeltà alla promessa di amarci e onorarci nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, tutti i giorni della nostra vita?

Qual è il significato della convivenza prematrimoniale? Cosa ne pensa la Chiesa? Ha cambiato idea rispetto al passato? 

Alcune coppie nel corso della convivenza maturano la scelta del matrimonio, a volte motivate dai figli, a volte per aver incontrato nella Chiesa qualcuno che ha saputo mostrare, sotto le incrostazioni del tempo, il tesoro prezioso del matrimonio. Altre coppie, invece, tengono il matrimonio nel loro orizzonte, riservandosi però un tempo di convivenza, di solito indeterminato, che lo preceda. Le motivazioni alla convivenza prima del matrimonio possono essere diverse, per motivi esistenziali, economici, o per l’idea che si possa “provare” lo stare insieme, per garantirne una miglior riuscita. Quest’ultima motivazione lascia perplessi: come è possibile “provare” tutte le situazioni che la vita può comportare? E mentre sto “provando”, investo tutto me stesso, o il fatto stesso di essere in atteggiamento di prova toglie qualcosa alla mia esperienza? E ci chiediamo: come mai, con la maggior parte delle coppie che si sposano dopo aver convissuto, i matrimoni sono così fragili?

La Chiesa propone con chiarezza il matrimonio. Nell’Amoris laetitia (307) Papa Francesco afferma:

«In nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza. I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della Chiesa».

Questo non significa che chi convive venga escluso o allontanato: viene aiutato a comprendere la bellezza e la grandezza del sacramento, come facciamo nei percorsi di preparazione, a cui partecipano per la maggior parte coppie già conviventi. Ancora Papa Francesco:

«queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza».

LE SFIDE DELLA VITA

Quando nel corso della vita ci si trova di fronte all’altra faccia delle promesse matrimoniali: il “dolore”, la “malattia”, i disagi inevitabili in qualsiasi vita, e magari queste cose ci allontanano e ci schiacciano, cosa fare?

Un’amica, sposata da quasi 50 anni, mi ha suggerito di rispondere così a questa domanda: Provate a guardarvi negli occhi: mentre parlate, mentre mangiate, mentre l’ascoltate, anche solo per fare un commento di intesa a qualcosa di esterno. Uno sguardo che duri qualche secondo in più del necessario. Sembra una piccola cosa ma è difficile e grande.

Anche qui ci viene in aiuto Papa Francesco:

«L’esperienza estetica dell’amore si esprime in quello sguardo che contempla l’altro come un fine in sé stesso, quand’anche sia malato, vecchio o privo di attrattive sensibili. (…) Molte ferite e crisi hanno la loro origine nel momento in cui smettiamo di contemplarci. L’amore apre gli occhi e permette di vedere, al di là di tutto, quanto vale un essere umano. Quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza di tale identità, il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore, e l’affetto non scompare. Riafferma la sua decisione di appartenere ad essa, la sceglie nuovamente ed esprime tale scelta attraverso una vicinanza fedele e colma di tenerezza». (Amoris laetitia 128 e 164)

DA AMORIS LAETITIA

Il matrimonio è un segno prezioso, perché quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. (Amoris laetitia,121)

Nel matrimonio si vive anche il senso di appartenere completamente a una sola persona. Gli sposi assumono la sfida e l’anelito di invecchiare e consumarsi insieme e così riflettono la fedeltà di Dio. Questa ferma decisione, che segna uno stile di vita, è una esigenza interiore del patto d’amore coniugale, perché colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile che possa amare sinceramente un solo giorno. (Amoris laetitia, 319)

Molti terminano la propria infanzia senza aver mai sperimentato di essere amati incondizionatamente, e questo ferisce la loro capacità di aver fiducia e di donarsi. Una relazione mal vissuta con i propri genitori e fratelli, che non è mai stata sanata, riappare, e danneggia la vita coniugale. Dunque, bisogna fare un percorso di liberazione che non si è mai affrontato. Quando la relazione tra i coniugi non funziona bene, prima di prendere decisioni importanti, conviene assicurarsi che ognuno abbia fatto questo cammino di cura della propria storia. (Amoris laetitia, 240)

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 68, articolo di Tiziano e Maria Luisa Civettini

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