Quale pace?

Nel linguaggio comune “fare la pace” è sinonimo di riconciliazione. Per fare la pace non basta astenersi dal combattere, non basta deporre le armi: occorre lavorare per l’unità.

“Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci” (Is 2,4): la pace è un processo che non cancella il male, ma lo trasforma, perché ciò che è strumento di morte possa diventare occasione di bene, ritrovando la sua vera identità.

Amare i nostri nemici, a cominciare da quelli che sono dentro di noi – paura, scoraggiamento, delusione, senso di colpa –, non è un atto eroico: è l’unica via alla pace. Non è eliminando o combattendo i nemici che avremo la pace. Gesù ci mostra un’altra via: l’unità. Lui vuole salvare tutto e tutti. È Lui la nostra pace, “colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,14). Fare dei due una cosa sola: è questa la vera sfida.

Non è retorica – e nemmeno semplificazione – affermare che la pace parte necessariamente dal proprio cuore, ha sete di cuori pacificati, riconciliati. È questo il terreno di gioco dove tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, unica e insostituibile.

Coloro che operano per la pace – coloro cioè che decidono di scommettere sull’altro, di dargli fiducia anche quando non la merita – scelgono di rischiare tutto. Ma in questo azzardo riconoscono di essere anzitutto debitori, riconoscono cioè di essere per primi graziati e, proprio in forza di questa grazia, capaci di bene.

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9): operare per la pace, amare sempre e comunque, decidere di rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,21) risveglia la nostra vocazione più profonda: quella di figli amati infinitamente e gratuitamente, e per questo capaci di generare nuova vita.

Se vogliamo che la vita prenda il posto della morte, che l’odio lasci il posto al perdono, prepariamoci… a combattere: contro l’individualismo, contro l’indifferenza, contro l’orgoglio. Non degli altri, ma il nostro.

 

Dalla Rivista Sulla Via della Pace n° 68, articolo di Ruggero Zanon
Dottore in diritto canonico, presidente dell’Associazione Via Pacis
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